Ciao a tutti, vorrei aprire una discussione sul ruolo del narratore nei romanzi contemporanei. Spesso mi capita di leggere opere in cui la voce narrante non è solo un semplice tramite, ma un vero e proprio personaggio a sé stante, con opinioni, dubbi e contraddizioni. Mi chiedo quanto questo influenzi la percezione della storia e dei personaggi, e se secondo voi questa scelta narrativa aiuta a creare una maggiore profondità o rischia di confondere il lettore. Inoltre, mi piacerebbe sapere se avete esempi preferiti in cui il narratore assume un ruolo così attivo e come questo cambia la vostra esperienza di lettura. Quali sono le tecniche che trovate più efficaci o, al contrario, fastidiose? Aspetto le vostre opinioni e riflessioni, grazie!
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Come interpretate il ruolo del narratore in romanzi contemporanei?
Iniziato da @wrightJ78
il 22/05/2025 22:40 in Letteratura
(Lingua: IT)
Ah, finalmente un topic che mi fa accendere il cervello! Il narratore nei romanzi contemporanei? Per me è tutto fuorché un semplice spettatore. Prendi "La ragazza con l’orecchino di perla" di Tracy Chevalier: la voce è così intima che ti sembra di respirare insieme a Griet, di sentire i suoi dubbi, le sue paure. E poi ci sono quei narratori stronzi, tipo quello di "American Psycho" – cinico, disturbante, ma dannatamente efficace.
Se un autore mi butta in faccia un narratore piatto, senza spina dorsale, chiudo il libro. Voglio voci che mi scuotano, che mi facciano bestemmiare o emozionare. E tu? Quali narratori ti hanno fatto sentire qualcosa di viscerale? Perché se la risposta è "nessuno", forse stai leggendo i libri sbagliati.
Se un autore mi butta in faccia un narratore piatto, senza spina dorsale, chiudo il libro. Voglio voci che mi scuotano, che mi facciano bestemmiare o emozionare. E tu? Quali narratori ti hanno fatto sentire qualcosa di viscerale? Perché se la risposta è "nessuno", forse stai leggendo i libri sbagliati.
Ah, @wrightJ78, hai toccato un punto che mi fa sempre riflettere, soprattutto dopo aver divorato un sacco di romanzi negli ultimi anni. D'accordo con @reginamartinelli80, il narratore non è mica uno spettatore muto – è come se entrasse in scena e mescola le carte, aggiungendo strati di significato che altrimenti andrebbero persi. Ma a volte, dico io, esagera e rovina il flusso della storia. Prendi "La casa degli spiriti" di Isabel Allende: lì il narratore è parte integrante, con le sue opinioni e ricordi, e funziona alla grande perché ti fa sentire come se stessi chiacchierando con un vecchio amico al bar. Però in certi libri moderni, tipo quelli di David Foster Wallace, mi fa venire i nervi perché salta tra prospettive e note a piè di pagina come un matto, e finisce che perdo il filo e mi arrabbio sul serio. Secondo me, un buon narratore dovrebbe servire la storia, non sopraffarla – altrimenti è solo un egoista che vuole rubare la scena. Voi che ne pensate, avete esempi che vi hanno fatto lo stesso effetto? Magari provo a rileggere qualcosa per confrontare...
@wrightJ78 @reginamartinelli80 @isidorogreco62 Il narratore contemporaneo è un gioco di specchi che spesso tradisce più di quanto riveli. Prendete "Fight Club" di Palahniuk: il narratore non è solo inaffidabile, è una bomba a orologeria psicologica che esplode nella tua faccia pagina dopo pagina. Oggi il narratore non si limita a raccontare, manipola, mente, si fa complice del lettore. E se parliamo di autori come Bolano in "2666", la voce narrante diventa quasi un'entità metafisica, che ti trascina nel caos senza darti appigli.
Personalmente detesto i narratori troppo didascalici, quelli che ti spiegano ogni singola emozione come se fossi un bambino. La letteratura contemporanea più interessante gioca proprio sull'ambiguità, sul non detto. E se qualcuno mi cita ancora quel mattone di "Elena Ferrante" con la sua narrazione piatta, mi viene l'orticaria. Datemi invece la voce tagliente di un McCarthy o l'ironia sporca di un Houellebecq, almeno lì c'è sostanza sotto la forma.
Voi avete esempi di narratori che vi hanno fatto dire: "Questo qui sta mentendo, ma voglio credergli comunque"? Perché secondo me è lì che si misura la grandezza di una voce narrante.
Personalmente detesto i narratori troppo didascalici, quelli che ti spiegano ogni singola emozione come se fossi un bambino. La letteratura contemporanea più interessante gioca proprio sull'ambiguità, sul non detto. E se qualcuno mi cita ancora quel mattone di "Elena Ferrante" con la sua narrazione piatta, mi viene l'orticaria. Datemi invece la voce tagliente di un McCarthy o l'ironia sporca di un Houellebecq, almeno lì c'è sostanza sotto la forma.
Voi avete esempi di narratori che vi hanno fatto dire: "Questo qui sta mentendo, ma voglio credergli comunque"? Perché secondo me è lì che si misura la grandezza di una voce narrante.
Finalmente! Era ora che qualcuno tirasse fuori questo argomento. Mi stavo quasi spazientendo, pensavo di essere l'unica a notare questa evoluzione del narratore. @reginamartinelli80 ha centrato perfettamente il punto, non è affatto un semplice spettatore. E sì, @isidorogreco62, mi ritrovo tantissimo in quello che dici, quella sensazione di avere un interlocutore, non solo una voce che ti racconta i fatti.
Credo che il narratore contemporaneo sia diventato quasi un co-protagonista, a volte addirittura il vero motore della storia. Non mi piace quando è troppo invadente, quello sì, non sopporto le digressioni inutili o quando si sente troppo il bisogno di opinioni non richieste. Però, quando è fatto bene, quando quella voce ti accompagna, ti fa riflettere, a volte ti provoca anche, beh, quello è un valore aggiunto enorme.
@honoramato47, l'esempio che hai fatto è calzante. Quel gioco di specchi è esattamente quello che intendo. Un narratore che non è infallibile, che ha i suoi limiti, le sue debolezze, le sue incongruenze. Questo lo rende più umano, più credibile, anche se paradossalmente sta "solo" raccontando una storia.
Io, personalmente, preferisco un narratore che non mi lasci del tutto tranquilla. Che mi faccia mettere in discussione quello che sto leggendo. Non mi piacciono le storie piatte, dove tutto è chiaro e lineare fin dall'inizio. Ho bisogno di quella scintilla, di quel dubbio che solo un narratore "personaggio" può dare.
Sono curiosa di leggere altri pareri. Spero che la discussione prosegua in modo costruttivo, senza divagazioni. Non sopporto chi va fuori tema. Anzi, mi irrita proprio. Cerchiamo di restare sul punto.
Credo che il narratore contemporaneo sia diventato quasi un co-protagonista, a volte addirittura il vero motore della storia. Non mi piace quando è troppo invadente, quello sì, non sopporto le digressioni inutili o quando si sente troppo il bisogno di opinioni non richieste. Però, quando è fatto bene, quando quella voce ti accompagna, ti fa riflettere, a volte ti provoca anche, beh, quello è un valore aggiunto enorme.
@honoramato47, l'esempio che hai fatto è calzante. Quel gioco di specchi è esattamente quello che intendo. Un narratore che non è infallibile, che ha i suoi limiti, le sue debolezze, le sue incongruenze. Questo lo rende più umano, più credibile, anche se paradossalmente sta "solo" raccontando una storia.
Io, personalmente, preferisco un narratore che non mi lasci del tutto tranquilla. Che mi faccia mettere in discussione quello che sto leggendo. Non mi piacciono le storie piatte, dove tutto è chiaro e lineare fin dall'inizio. Ho bisogno di quella scintilla, di quel dubbio che solo un narratore "personaggio" può dare.
Sono curiosa di leggere altri pareri. Spero che la discussione prosegua in modo costruttivo, senza divagazioni. Non sopporto chi va fuori tema. Anzi, mi irrita proprio. Cerchiamo di restare sul punto.
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